Con la sentenza n. 5787/2017, la Suprema Corte torna ad occuparsi dei presupposti applicativi di cui all’art. 1227 c.c., ovvero del concorso di colpa tra creditore e debitore.
Il caso sottoposto al vaglio dei Supremi Giudici riguardava l’investimento di un pedone minorenne che si era allontanato inaspettatamente dal controllo dei propri genitori.
Dinanzi alla Corte di Cassazione, i ricorrenti genitori contestavano l’asserito principio di co-responsabilità sia sul profilo processuale, sia sul profilo motivazionale della sentenza di secondo grado emessa dalla Corte di appello competente.
Sul profilo processuale i ricorrenti contestavano che la pronuncia non potesse essere resa nei confronti dei genitori per l’ esercizio della responsabilità genitoriale sul minore ma, piuttosto, per l’inosservanza del dovere di vigilanza sul minore.
Inoltre, contestavano l’incompletezza della motivazione che secondo la loro tesi difensiva non specificava se il concorso del fatto colposo afferisse alla condotta del minore o dei genitori.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondate tali doglianze.
Per quello che concerne nello specifico i presupposti applicativi dell’art. 1227 c.c., ovvero del concorso di colpa, ha affermato nuovamente, prendendo spunto anche da precedenti sue statuizioni, che ai fini dell’accertamento del concorso di responsabilità ex art. 1227 co. 1 c.c., il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso è rilevabile d’ufficio dal giudice e che neanche l’eventuale incapacità di intendere e di volere del creditore è un elemento idoneo ad escludere la colpa del fatto concorrente.
Pertanto, quando la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l’obbligo del responsabile di risarcire quest’ultimo si riduce proporzionalmente, ai sensi dell’art. 1227, comma primo, cod. civ. (“…il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate…”), anche nel caso in cui la vittima fosse incapace di intendere e di volere ( come nel caso di specie per minore età ).
Prosegue affermando che la locuzione «fatto colposo» contenuta nel citato art. 1227 deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, e non quale sinonimo di comportamento colposo, così comportando che l’indagine per l’accertamento dell’esistenza della causa concorrente nella produzione dell’evento dannoso, prescinde dalla imputabilità del fatto all’incapace e dalla responsabilità di chi era tenuto a sorvegliarlo (così conformi anche Cass. 22/06/2009, n. 14548; Cass. 10/02/2005, n. 2704; Cass. 05/05/1994, n. 4332).
minore investito: il risarcimento è ridotto in caso di condotta imprudente