Con una recente sentenza la Suprema Corte (C.C., sez. III, n. 10377/2017) ha ribadito che al momento del decesso del convivente proprietario, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull’immobile di cui era titolare l’altro convivente, così che nessuna pretesa può essere avanzata dal convivente nei confronti degli eredi legittimi. In altri termini: “Il rapporto di convivenza non attribuisce al convivente superstite un titolo idoneo a possedere o detenere l’immobile adibito a casa familiare, né il diritto di abitazione art. 540 c.c. comma 2, riservato al coniuge dalla legge ereditaria.In caso di cessazione della convivenza per morte del convivente proprietario, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull’immobile, così che nessuna pretesa può essere avanzata nei confronti degli eredi legittimi”
I supremi Giudici, specificano che la detenzione qualificata del convivente non proprietario né possessore sul bene, è esercitabile e opponibile ai terzi, solamente se è ancora esistente il titolo da cui deriva, ovvero se perdura la convivenza, in caso contrario, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull’immobile.
In sintesi, la relazione di fatto tra il bene e il convivente superstite, potrà ritenersi legittima soltanto se:
a) il convivente superstite sia stato istituito coerede o legatario dell’immobile per disposizione testamentaria
b) sia costituito un nuovo e diverso titolo di detenzione da parte degli eredi del convivente proprietario.
Specifica ulteriormente la Corte che tale orientamento non è in contrasto né con i principi giurisprudenziali emessi dalla Corte costituzionale e né con le nuove norme a tutela delle convivenze di fatto, poiché la rilevanza sociale e giuridica che ha assunto la convivenza di fatto, non incide comunque sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sul bene immobile.
(p.s.: alla fattispecie sottoposta al vaglio della Corte non era applicabile la Legge 20 maggio 2016 n. 76, che all’ art. 1, comma 42, attribuisce al convivente superstite il diritto di continuare ad abitare nella casa familiare, per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.)
Morte del convivente e diritto del superstite sulla casa di abitazione