Con la sentenza n. 17020/15 la Suprema Corte di Cassazione, ha condannato una prestigiosa compagnia assicurativa al pagamento dell’indennizzo al suo assicurato, a fronte di un intervento che risultava essere fuori dall’elenco del contratto di polizza stipulato, poiché, statuisce la Corte, anche se non espressamente previsti in polizza vanno indennizzati quegli interventi terapeudici diferrenti ed eseguiti con tecniche più avanzate e meno invasive che, ad ogni buon conto, possono desumersi dalla polizza stessa, poiché, nello specifico, un volta chiarito come la copertura assicurativa riguardasse una tipologia di interventi chirurgici, nella specie di resezione, incannulazione, epatotomia e rimozione di adenomi maligni, non si potesse negare l’indennizzo all’assicurato a fronte dei differenti interventi e piani terapeutici eseguiti, posto che questi contemplavano l’utilizzo di tecniche più avanzate e, alla luce della più aggiornata scienza medica, più appropriate della chirurgia tradizionale.
Di rilievo, altresì, per la Suprema Corte anche la violazione dei canoni di ermeneutica da parte dell’assicurazione, sul presupposto che l’inclusione nella copertura di polizza delle prestazioni ricevute dal paziente avrebbe comunque dovuto desumersi, nell’ambito di un contratto assistenziale a elevata mutualità, sia dall’interdipendenza delle differenti clausole presenti nel contratto, sia dalla necessità di interpretare le clausole dubbie nell’interesse dell’assicurato.
Il caso di specie riguardava un avvocato, che aveva stipulato la polizza per il tramite della Cassa Nazionale Forense e al quale sono state rimborsate le spese mediche effettuate all’estero per gli interventi meno invasivi subiti e solo apparentemente non contemplati dal contratto di polizza in essere tra lo stesso e la Compagnia di Assicurazione.
Assicurazione sanitaria ed interventi rimborsabili