La Corte di Cassazione Penale con la sentenza della Sez. 4, 12 settembre 2019, n. 37766 ha ribadito che quando l’’alunno subisce un infortunio a causa di una carenza dell’edificio scolastico, anche il Preside è responsabile penalmente. Infatti sul predetto grava l’obbligo di vigilare sulla messa in sicurezza della struttura. Non solo, sul responsabile del Servizio Prevenzione e protezione, invece, grava la responsabilità di individuare il rischio, valutarlo e segnalare al dirigente scolastico i possibili interventi preventivi e protettivi su una struttura pericolosa e non a norma con le leggi sulla sicurezza degli edifici scolastici.
Tali previsioni vengono giustificate dal fatto che se il «Preside» della scuola non è proprietario dell’immobile e non ha poteri di spesa o decisionali in merito alla manutenzione dell’edificio, di solito di proprietà del Comune o dello Stato, comunque viene considerato per legge quale “datore di lavoro”. Come tale, il dirigente sarà responsabile del rispetto delle norme antinfortunistiche e potrà andare esente dalla precitata responsabilità penale, così come da quella civile, solamente se prova di aver segnalato compiutamente e per tempo alle autorità competenti gli interventi strutturali necessari.
il Preside, infatti, pur con i limiti appena richiamati, ha il potere di gestione dell’Istituto e pertanto su di lui grava l’obbligo d’informare prontamente chi di dovere per intervenire nel più breve tempo possibile al fine di mettere in sicurezza la scuola e gli alunni ed eliminare le fonti di pericolo.
Quindi, in caso d’infortunio dell’alunno causato da strutture scolastiche non a norma, il Preside sarà penalmente (e civilmente) responsabile per non essere intervenuto prontamente a segnalare il mancato rispetto delle leggi a tutela della sicurezza scolastica agli enti che hanno il potere di intervenire. Mentre Il Rspp è corresponsabile per non avere evidenziato questa esigenza (in violazione dell’art. 33 del D.Lgs. n. 81/2008)
Se chi di dovere non interviene in tempi brevi, il Preside è doverosamente tenuto a prendere tutte le misure necessarie a scongiurare gli infortuni, financo arrivando a poter sospendere le lezioni e tutte le attività scolastiche, se necessario.
La sentenza precitata riguardava un fatto accaduto nell’estate del 2011 in un liceo di Sapri: un grave incidente occorso a un ragazzo che si era recato a scuola per assistere all’esame orale di un compagno. inciampando, era caduto su un lucernario precipitando per oltre 7 metri e riportando ferite gravi. Il solaio-lucernario era accessibile attraverso una porta finestra solitamente chiusa con un piccolo lucchetto, ma che talvolta veniva aperta, come accadde quella mattina, a causa del gran caldo.
La Suprema Corte ha confermato, quindi, la condanna sia della Preside dell’istituto scolastico in questione che dell’ingegnere responsabile esterno del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto stesso, a un mese di reclusione (condizionalmente sospesa) e al pagamento di una provvisionale a titolo di anticipazione del risarcimento dei danni dovuto per effetto dell’illecito penale. Entrambi imputati per lesioni colpose gravi con violazione della disciplina antinfortunistica.
Per i giudici la Preside “avrebbe potuto e, soprattutto, dovuto segnalare alla Provincia le problematiche dell’istituto alla stessa affidato” – come “l’insicurezza del solaio in questione”, cosa che invece non avvenne. Gli accertamenti compiuti nel corso del dibattimento evidenziavano che “le richieste, pur in effetti inoltrate all’ente territoriale e ad altri soggetti pubblici, non contenevano però alcuna menzione della problematica in questione“.
Secondo la Corte si preferì una “soluzione artigianale” insufficiente però a eliminare il pericolo.
Testualmente, la Suprema Corte, in merito ha affermato i seguenti principi di diritto:
«La posizione di garanzia in capo agli addetti al servizio scolastico nei confronti dei soggetti affidati alla scuola si configura diversamente a seconda, da un lato, dell’età e del grado di maturazione raggiunto dagli allievi oltre che delle circostanze del caso concreto, e, dall’altro, degli specifici compiti di ciascun addetto, ma si caratterizza in generale per l’esistenza di un obbligo di vigilanza nei confronti degli alunni, al fine di evitare che gli stessi possano recare danno a terzi o a sé medesimi, o che possano essere esposti a prevedibili fonti di rischio o a situazioni di pericolo. (Fattispecie relativa all’investimento mortale di un alunno di prima media accaduto all’uscita dall’istituto scolastico ad opera di un autobus transitante sulla pubblica via, in cui la preside e l’insegnante dell’ultima ora di lezione erano state assolte in grado di appello dal reato di omicidio colposo, perché ritenute non sussistenti le rispettive posizioni di garanzia. La Corte ha annullato con rinvio la sentenza)» (Sez. 4, n. 17574 del 23/02/2010, P.G., P.C., Ciabatti e altri, Rv. 247522: v. spec. in motivazione, p. 11-13)”.
«Nelle pubbliche amministrazioni, ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano poteri gestionali, decisionali e di spesa» (così Sez. 4, n. 34804 del 02/07/2010, Maniago, Rv. 248349; in conformità, v., già in precedenza, Sez. 3, n. 47249 del 30/11/2005, Maniscalco, Rv. 233017; Sez. 3, n. 19634 del 04/03/2003, Fortunato, Rv. 224874; recentemente, nello stesso senso, Sez. 4, n. 43829 del 20/04/2018, Cesini Sergio, Rv. 274263) e che la ricorrente era priva dei poteri di spesa.
Nondimeno, non può trascurarsi che «In tema di prevenzione infortuni nelle istituzioni scolastiche, soggetto destinatario dell’obbligo di sicurezza è il dirigente che abbia poteri di gestione» (Sez. 3, n. 23012 del 17/05/2001, Altamore G., Rv. 218940).
«In tema di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale non può ritenersi escluso solo perché il soggetto colpito da tale evento non sia un lavoratore dipendente (o soggetto equiparato) dell’impresa obbligata al rispetto di dette norme, ma ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 cod. pen.. Ne consegue che deve ravvisarsi l’aggravante di cui agli articoli 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod.pen., nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590, ultimo comma, cod.pen., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente l’aggravante di cui al comma terzo dell’articolo 590 cod.pen., con conseguente procedibilità d’ufficio del reato ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo, in relazione ad un infortunio che aveva riguardato uno studente presente in una palestra scolastica per partecipare ad una lezione di educazione motoria)» (Sez. 4, n. 11360 del 10/11/2005, dep. 2006, P.M. in proc. Sartori ed altri; già in precedenza, v. Sez. 4, n. 6025 del 06/02/1989, Terranova, Rv. 181105; nello stesso senso, successivamente, tra le altre cfr. Sez. 4, n. 10842 del 07/02/2008, Caturano e altro; Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014, Cinque; Sez. Sez. 4, n. 38200 del 12/05/2016, Marano).
La Cassazione infine sottolinea “l’importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione” cui la legge affida il compito di coadiuvare il “datore di lavoro normalmente a digiuno (come peraltro nel caso di specie) di conoscenze tecniche”.
Infatti “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori.”
In tal senso “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo” ( cfr. Sezione 4, 15 luglio 2010, Scagliarini).
Ciò perché, in tale evenienza, l’omissione colposa al potere-dovere di segnalazione in capo al RSPP, impedendo l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento, finirebbe con il costituire (con)causa dell’evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio: con la conseguenza, quindi, che, qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, ben potrebbe, rectius, dovrebbe essere chiamato a rispondere insieme a questi in virtù del combinato disposto dell’art. 113 c.p., e art. 41 c.p., comma 1 dell’evento dannoso derivatone.