Oggigiorno, è sempre più arduo coniugare un evento così bello come quello di una nuova nascita alle esigenze di vita quotidiana, soprattutto riguardanti la sfera lavorativa. A parte le tutele già esistenti, con la D.lgs 151 del 2001 (da ultimo, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 179/2016 e dalla L. 22 maggio 2017, n. 81.), ‘Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità’, si è previsto e rafforzato, in estrema sintesi, quanto di seguito:
A) Congedo obbligatorio
Il congedo di maternità obbligatorio anche definito “astensione obbligatoria” dal lavoro: è un periodo di 5 mesi (due mesi precedenti la data supposta del parto e tre dopo) nei quali la donna per legge deve astenersi dal lavoro. Inoltre, c’è la possibilità per la lavoratrice dipendente di continuare l’attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e di prolungare il periodo di congedo dopo il parto, a condizione che il medico attesti lo stato di buona salute della lavoratrice e che tale scelta non arrechi danni alla salute del nascituro/a.
Nel caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità fino alla data di dimissioni del bambino; questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di idonea attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.
Nel caso in cui il parto sia fortemente prematuro (circolare INPS n. 69/2016), ovvero avvenga prima dei due mesi antecedenti la data presunta del parto, la legge prevede un che la durata complessiva del congedo di maternità possa superare i 5 mesi .
In questo caso la madre avrà diritto al congedo di maternità per tutti i giorni intercorrenti tra la data effettiva del parto e la data di inizio del congedo (due mesi antecedenti la data presunta del parto), più i cinque mesi previsti per le gravidanze con decorso normale.
Il congedo di maternità può essere anticipato, su richiesta della lavoratrice, sulla base di idoneo accertamento medico quando sussistano le seguenti circostanze:
• nel caso di gravi complicanze della gestazione o preesistenti malattie che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (la decisione spetta alla ASL);
• quando le condizioni ambientali o di lavoro siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino/a (competente la Direzione Provinciale del Lavoro);
• quando la lavoratrice addetta a lavorazioni pesanti, pericolose o insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni (competente la Direzione Provinciale del Lavoro).
Se vi è l’interruzione della gravidanza durante il congendo e questa avviene successivamente al 180° giorno dall’inizio della gestazione, la lavoratrice può riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, dopo 10 giorni di preavviso al datore di lavoro e tramite una certificazione medica che attesti che la ripresa del lavoro non arrecherà danno alla lavoratrice. Quanto detto vale anche nel caso di morte del nascituro/a durante il congedo e/o alla nascita.
Il congedo di maternità, va computato nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti (compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità, alle ferie ecc.); va considerato come periodo lavorativo ai fini della progressione di carriera; dà diritto ad un’indennità pari all’80% della retribuzione per tutta la durata del congedo (la contrattazione collettiva può prevedere un’indennità più favorevole alla lavoratrice: ad esempio nel settore pubblico, questa indennità è pari al 100% della retribuzione).
Ai fini pensionistici, il periodo di congedo viene conteggiato per intero con l’accredito dei cd. contributi figurativi (ossia i contributi accreditati, senza oneri a carico del lavoratore, per periodi durante i quali non ha prestato attività lavorativa). Non è richiesta nessuna anzianità contributiva pregressa.
Ad ogni buon conto, per fruire del congedo di maternità, è necessario comunicare al datore di lavoro e all’Inps lo stato interessante entro il settimo mese di gestazione. La comunicazione deve avvenire per iscritto e allegata ad idonea certificazione del Servizio Sanitario Nazionale che attesti lo stato di gravidanza con indicazione della data presunta del parto.
Entro un mese dal parto, la madre deve inviare sia all’ Inps sia al datore di lavoro il certificato di nascita del bambino/a o idonea autocertificazione.
B) Licenziamento
La legge vieta al datore di lavoro di licenziare la donna dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del bambino. Tranne nei casi susseguenti:
1) Colpa grave della dipendente, una giusta causa può essere sufficiente a licenziare la lavoratrice. Tuttavia, se la lavoratrice viene licenziata durante il periodo di maternità può comunque godere dell’indennità prevista.
2) Chiusura dell’azienda in cui la lavoratrice è impiegata.
3) Scadenza dei termini del contratto a tempo determinato.
4) Esito negativo del periodo di prova.
C) Permessi
Le lavoratrici in gravidanza hanno diritto a una serie di permessi retribuiti per eseguire esami prenatali, accertamenti clinici e/o visite mediche specialistiche (nel caso in cui debbano essere necessariamente fatti durante l’orario di lavoro) Inoltre, durante il primo anno del bambino/a la lavoratrice madre ha diritto a periodi di riposo giornalieri retribuiti cd. “permessi per l’allattamento”.
D) Congedo parentale
Sia il padre che la madre possono usufruire del cd. congedo parentale, astenendosi dal lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino per un periodo cumulativo non superiore a 10 mesi (elevabili a 11 mesi qualora il padre fruisca di almeno 3 mesi di congedo entro il primo anno di vita del bambino) tra entrambi i genitori. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto in quanto disoccupato o lavoratore autonomo.
E’ previsto un prolungamento del congedo parentale per un periodo massimo di tre anni in favore della madre o, in alternativa, del padre di figlio/a minore con disabilità grave fino al compimento del suo dodicesimo anno di vita, a condizione che non sia ricoverato/a a tempo pieno in una struttura sanitaria salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore
Il congedo parentale va computato nell’anzianità di servizio ad eccezione degli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità; è retribuito con un trattamento economico pari al 30% della retribuzione fino al sesto anno di età del bambino e per un periodo massimo di sei mesi complessivo fra i genitori; dal compimento del sesto anno di età del bambino e fino all’ottavo anno, spetta una retribuzione pari al 30% esclusivamente nel caso in cui il reddito del genitore sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione; dal compimento del sesto anno di età del bambino e fino al dodicesimo anno, spetta il congedo ma non retribuito (con l’eccezione di quanto detto al punto precedente, tra i sei e gli otto anni); è coperto da contribuzione figurativa (pagata dalla gestione previdenziale cui sono iscritti i lavoratori).
E) Diritti di paternità
Anche il padre può avvalersi dei cd. “diritti di paternità”. Dalla nascita del figlio può prendere tre mesi di permesso ma solamente nei casi in cui la madre è venuta a mancare o ha un’invalidità grave che non le consente di accudire il bambino, infine nei casi in cui il padre ha l’affido esclusivo del minore.