L’ambiente di lavoro è causa frequente di stress e disagio psichico che può portare financo alla richiesta di risarcimento danni da parte del lavoratore che lo subisce. In merito la Corte di Cassazione, Sez. lavoro, in una recente sentenza (n.1185/ 2017), ha stabilito alcuni criteri e confermato alcuni principi.
In primis va detto che lo stress da lavoro, quando pregiudica la serena esistenza del dipendente, rientra nella categoria del danno non patrimoniale, quale effetto negativo subito in conseguenza di un fatto illecito. La caratteristica principale di questo tipo di danno è che, a differenza del danno patrimoniale, non si ha diritto automaticamente al risarcimento, ma, così come disposto dall’art. 2059 c.c., “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge“. A tal proposito, la Suprema Corte ha affermato, confermando i precedenti orientamenti, che il danno non patrimoniale dà diritto al risarcimento “quando il fatto illecito sia configurabile come reato”, quando il risarcimento sia espressamente previsto “anche al di fuori dell’ipotesi di reato”, e quando il fatto illecito abbia violato in modo grave “diritti inviolabili della persona”, sanciti dalla Costituzione.
Pertanto, nel caso di stress subito all’interno dell’ambiente lavorativo, si ha diritto al risarcimento solo nel caso in cui la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato i diritti inviolabili del dipendente, ovvero quelli costituzionalmente garantiti.
Proprio perché si tratta di diritti costituzionali non disciplinati da una specifica norma, le violazioni in oggetto vanno individuate caso per caso dal giudice, che dovrà discriminare tra “meri pregiudizi” (come semplici disagi non risarcibili) e danni che vanno risarciti. Per chiedere un risarcimento il dipendente deve quindi fornire prove precise e non parlare genericamente di stress. Deve dimostrare di aver subito delle lesioni alla salute (fisica e/o psichica) attraverso una specifica ed adeguata documentazione medica.
Di contro, il datore di lavoro è comunque tenuto a rispettare precise norme di legge in materia. L’art. 2087 c.c., ad esempio, stabilisce che l’imprenditore è tenuto a tutelare l’integrità fisica ( così come quella psico-fisica) e la personalità morale dei propri dipendenti attraverso una fattiva opera di prevenzione. Pertanto, l’azienda che causa ai lavoratori malattie derivanti da stress e nervosismo provoca un danno non patrimoniale che va risarcito, se il lavoratore riesce, come detto, a dimostrare il nesso tra le mansioni svolte, le condizioni di lavoro ed il danno subito.
I casi di specie non riguardano solo l’esaurimento fisico, ma anche e soprattutto pressioni psicologiche, rimproveri ripetuti ed immotivati, così come quelli costanti ed eccessivi.
.
Stress da lavoro: quando può chiedersi il risarcimento del danno