La Legge n. 3/2012 (modificata dal D.L. n. 179/2012 convertito in L. n. 221/12) introduce nel nostro ordinamento la procedura di esdebitazione.
La legge in questione fornisce gli strumenti per porre rimedio a tutte quelle situazioni di sovraindebitamento in cui un soggetto può incorrere, a causa di una serie di eventi che NON devono essere volontari, come: la perdita di lavoro, le malattie, le crisi familiari, che comportano un insostenibile aumento di oneri finanziari da pagare ai creditori, consentendo allo stesso debitore di liberarsi dai debiti e disporre nuovamente delle proprie risorse patrimoniali.
I requisiti per poter accedere alla procedura di esdebitazione sono:
° essere un soggetto non fallibile (ovvero non sottoponibile alle procedure concorsuali) o essere un debitore che non svolge attività imprenditoriali o professionali (condizione soggettiva);
° trovarsi in una situazione di sovra indebitamento, aver contratto debiti a cui non è più possibile far fronte (condizione oggettiva).
La legge in esame, come detto, è riservata a tutti quei soggetti non assoggettabili alla procedura di fallimento, concordato preventivo, ed al procedimento di cui all’art. 182 bis della Legge Fallimentare e, pertanto: agli imprenditori commerciali le cui dimensioni escludono la loro assoggettabilità al fallimento; ai fideiussori che abbiano garantito debiti di un imprenditore fallito, in quanto non fallibili per legge; agli imprenditori agricoli; ai soggetti che svolgono un’attività di libera professione; al consumatore considerando che anche l’imprenditore o il professionista possono qualificarsi consumatori ai sensi della disciplina esaminata, purchè l’indebitamento derivi da consumi propri, ossia da obbligazioni assunte al di fuori della propria attività di impresa.
Le procedure previste sono tre (si evidenzia che il debitore consumatore può accedere a tutte e tre le procedure; mentre le altre tipologie di debitori possono accedere solo alle procedure di accordo di composizione della crisi e della liquidazione del patrimonio):
1) ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI e 2) PIANO DEL CONSUMATORE
Il debitore può proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che preveda la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.
La proposta di accordo può avere qualunque contenuto a carattere dilatorio o esdebitatorio, così come può cumulare entrambe queste soluzioni, ma, deve essere sempre assicurato il regolare pagamento dei crediti impignorabili, ossia i debiti devono essere pagati alla scadenza prevista nel contratto ed in misura integrale. L’accordo, inoltre, è obbligatorio per tutti i creditori. I crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, invece, possono non essere soddisfatti integralmente solo nell’ipotesi in cui sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione e avuto riguardo al valore di mercato dei beni oggetto della prelazione. Il valore dovrà essere attestato dall’organismo di composizione della crisi. La proposta di accordo in cui sia prevista la prosecuzione dell’attività d’impresa, impresa non soggetta a fallimento, può prevedere la moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. La previsione di non integrale soddisfazione non può essere applicata ai tributi, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate. In tali casi il piano può avere esclusivamente carattere dilatorio. In caso di mancato rispetto del termine di novanta giorni dalle scadenze previste per questi crediti, l’accordo cessa di diritto di produrre effetti.
Il piano può prevedere, anche, l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore, nominato dal giudice, per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. La figura è simile a quella del liquidatore, ma non identica.
Per quanto attiene il contenuto, il piano deve, innanzitutto, assicurare l’integrale pagamento dei titolari di crediti impignorabili e dei crediti tributari, per i quali è ammessa, come detto, soltanto la dilazione. I creditori privilegiati hanno diritto al pagamento integrale, ma non hanno il diritto di voto, salvo che rinuncino alla prelazione.
Il piano deve prevedere i termini e le modalità di pagamento dei creditori, che possono essere suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni..
Anche le modalità di liquidazione dei beni debbono essere indicate nel piano. La nomina obbligatoria del liquidatore riguarda soltanto il caso in cui vi siano beni sottoposti a pignoramento. In tale ipotesi il liquidatore dispone in via esclusiva dei beni pignorati e delle somme incassate dalla loro alienazione senza ulteriori poteri. Non potrà disporre dei beni che non siano oggetto di pignoramento o dei crediti non pignorati, né potrà procedere alla distribuzione del ricavato ai Creditori. Ovviamente la nomina del liquidatore, nell’ipotesi che esso sia previsto nel piano, potrà comportare l’attribuzione a quest’ultimo di maggiori poteri, in conformità al contenuto del piano.
I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla proposta del debitore. Ne deriva che per effetto della presentazione della proposta o, comunque, a seguito dell’omologazione dell’accordo, il debitore perde la disponibilità del proprio patrimonio, almeno della parte di esso considerata nel piano. La proposta deve contenere, oltre al piano, la sottoscrizione del debitore e dei terzi che consentano il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo, nei casi in cui i redditi del debitore non garantiscano da soli la fattibilità del piano. La proposta deve anche indicare le eventuali limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo di cui soffra il debitore, ovvero all’utilizzo di strumenti di pagamento elettronico a credito ed alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.
Il ricorso deve essere presentato dall’avvocato e viene sottoposto alla verifica preliminare da parte del Tribunale competente, che valuta se il piano del consumatore o la proposta dell’accordo non violino norme imperative. Successivamente, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, il Tribunale valuta meritevolezza, fattibilità e convenienza della domanda che, se accolta e a determinate condizioni, può condurre alla liberazione dal debito originario.
La proposta ed il piano possono anche essere redatti con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi con sede nel circondario del Tribunale competente e non sono ammissibili nei casi in cui:
a) il debitore è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle della disciplina del sovra indebitamento;
b) ha fatto ricorso ai procedimenti di sovra indebitamento nei cinque anni anteriori;
c) ha subito per causa a lui imputabile la risoluzione o l’annullamento dell’accordo o la revoca o la cessazione degli effetti del piano del consumatore;
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
Nel piano del consumatore, a differenza che nell’accordo di composizione della crisi, manca il procedimento volto ad acquisire l’adesione o il dissenso dei creditori rispetto al piano proposto. Difatti, il Tribunale effettua esclusivamente una valutazione di fattibilità della proposta e di meritevolezza della condotta che ha portato all’indebitamento del consumatore. La comunicazione a tutti i creditori della proposta del piano, non è funzionale al voto, ma solamente ad un’eventuale contestazione relativa alla convenienza della proposta rispetto all’ipotesi di liquidazione de patrimonio. Anche in ipotesi di contestazione da parte di uno o più creditori, il giudice potrà comunque approvare il piano proposto dal consumatore quando ritenga quest’ultimo più conveniente ai fini della soddisfazione dei crediti.
L’omologazione da parte del Tribunale sia dell’accordo che del piano del consumatore, deve avvenire entro sei mesi dal deposito rispettivamente dell’accordo che del piano ed, in entrambi i procedimenti, è previsto che l’omologazione vincoli tutti i creditori concorsuali.
3) LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE: può essere attivata volontariamente dal debitore sovraindebitato, come alternativa alla proposta di accordo o di piano del consumatore, consentendo la completa esdebitazione del debitore attraverso la liquidazione del suo patrimonio a parziale soddisfacimento dei creditori. Tale procedura è, inoltre, attivabile su ricorso proposto da uno dei creditori, conseguentemente all’annullamento dell’accordo del debitore o della cessazione degli effetti del piano del consumatore. Ai fini dell’ammissibilità è necessario che il debitore negli ultimi cinque anni precedenti, non abbia compiuto atti in frode ai creditori.
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