La professione intellettuale del sanitario è una tipica obbligazione di mezzi, in quanto egli è obbligato ad eseguire la prestazione con la diligenza dovuta, ma non è tenuto a conseguire il risultato. La diligenza con cui va espletata tale obbligazione è quella di cui al secondo comma dell’articolo 1176 c.c. che dispone: “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”
Per l’attività svolta dal medico si deve far riferimento anche all’articolo 2236 del c.c., secondo il quale il professionista risponde solo per dolo o colpa grave.
Negli anni passati il medico di struttura ospedaliera rispondeva a titolo di responsabilità extracontrattuale, in quanto tra lui e il paziente non veniva concluso alcun contratto. Si riteneva che solo tra il paziente e la struttura ospedaliera veniva concluso un contratto atipico di spedalità. Così inquadrata la situazione, il paziente danneggiato non riceveva un’adeguata tutela.
Fu con la Sentenza del 1999 della Corte di Cassazione la n. 589, che la responsabilità del medico di struttura ospedaliera fu ricondotta nell’alveo della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., rafforzando, di tal guisa, la tutela del paziente, sia in termini di prescrizione che di onere della prova. In tale Sentenza, infatti, si affermò il principio di diritto per cui il medico risponde a titolo contrattuale ex articolo 1218 del c.c., in forza del cosiddetto “contatto sociale qualificato” che si instaura tra lui e il paziente. Al paziente, quindi, basterà provare l’esistenza del contratto (contatto sociale) e l’aggravamento della sua situazione patologica, restando a carico del medico ospedaliero la prova che la sua prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che l’aggravamento del paziente sia dipeso da eventi imprevedibili.
Tuttavia a seguito dell’emanazione della Legge Balduzzi (8 novembre 2012 n. 189), la quale prevede che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del Codice Civile” ha generato il timore che il Legislatore abbia voluto incardinare nuovamente tale responsabilità sotto l’alveo della responsabilità extracontrattuale.
Ad oggi, a tal riguardo, si registrano due diversi orientamenti che portano a sentenze discordanti nelle varie Corti di merito. Si rimane, pertanto, in attesa di un intervento della Giurisprudenza di Legittimità che faccia finalmente chiarezza. Bisogna evidenziare che l’orientamento maggioritario interpreta l’intenzione del Legislatore nel senso di aver voluto alleggerire il trattamento del sanitario sul piano penale, (difatti lo stesso risponderà solo per colpa grave laddove si sia attenuto alle “guidelines” ovvero alle buone pratiche terapeutiche, raccomandazioni, protocolli ed opinioni scientifiche accreditate dalla comunità scientifica ), rimanendo indiscusso che, dal punto di vista civilistico, il medico continui a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.
Si richiama, a titolo di esempio, una recente Sentenza del Tribunale di Milano, Sezione I Civile, 17 luglio 2014, nella quale si è affermato che non è più il medico a dover provare la propria correttezza professionale, ma è il paziente che deve provare la colpa del medico.
La Corte di merito richiamata, quindi, segue l’impostazione minoritaria che, a seguito dell’emanazione della Legge Balduzzi, riconduce la responsabilità del sanitario nell’ambito extracontrattuale. Il Tribunale di Milano ha comunque precisato che tutto ciò non ha modificato il regime di responsabilità della struttura ospedaliera , che continua a rispondere a titolo contrattuale.
Secondo tale orientamento, il paziente danneggiato, che intende agire per il soddisfacimento del proprio interesse, ha l’onere di provare di aver subito un danno ingiusto e che tale danno è stato causato dal fatto illecito di un soggetto che ha agito con dolo e colpa. I termini prescrizionali, pertanto, saranno quinquennali, a differenza dei dieci anni previsti nei casi di responsabilità contrattuale. @riproduzione riservata